Tra i tipi di inquinamento a cui l’uomo può essere sottoposto, quello dovuto a radiazioni ionizzanti è sicuramente il più subdolo in quanto non abbiamo organi sensoriali che ci allertino della sua presenza. Per esempio il lavoratore dell’industria chimica entrando in locali contaminati da sostanze inalabili, ha reazioni dell’apparato respiratorio e delle mucose in generale, che lo avvertono in tempo reale. Il lavoratore della industria nucleare e delle attività ad essa collegate, se non fornito di particolare strumentazione (contatori geiger) atta a rivelare la presenza di sostanze radioattive (radionuclidi), non può sapere, in tempo reale, se è in presenza di una sorgente contaminante.
Effetti sulla Salute
Per quanto concerne i danni da esposizione a radiazioni ionizzanti, la funzione più facilmente danneggiabile è quella riproduttiva (gonadi), in quanto il patrimonio genetico può essere danneggiato dalla esposizione a radiazioni. Le parti dell’organismo più aggredibili sono, invece, il midollo osseo, in quanto le cellule del sangue sono molto sensibili a questo tipo di radiazioni, e la pelle, che può essere danneggiata degenerando in malattie neoplastiche. L’esposizione alle radiazioni ionizzanti comporta per il lavoratore un rischio rappresentato dalla probabilità del verificarsi del danno biologico.Pertanto, tale considerazione ha comportato una crescente attenzione verso i problemi della protezione dell’uomo e dell’ambiente, stimolando ricerche da parte di numerose commissioni internazionali e nazionali, con l’intento di chiarire i vari aspetti dei danni causati dalle radiazioni e di studiare le tecniche e i metodi per migliorare gli standard di protezione.
E’ nata così la radioprotezione, che è definibile come l’insieme di principi, tecniche e raccomandazioni volte alla salvaguardia dei singoli individui e della popolazione ed a prevenire o ridurre, entro limiti accettabili, i rischi di danni causati dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti.
Una corretta applicazione dei suddetti principi di radioprotezione determina un rischio (cioè una probabilità del verificarsi di eventi indesiderabili) più basso o quanto meno confrontabile con quelli derivanti da altre attività lavorative.
Campi Elettromagnetici o campi a radiofrequenza (RF) costituiscono una parte dello spettro elettromagnetico.
Questi campi sono definiti come quelli la cui frequenza è compresa tra 300 Hz e 300 GHz.
I campi RF sono radiazioni non ionizzanti (NIR). A differenza dei raggi X e dei raggi gamma, sono troppo deboli per rompere i legami che tengono unite le molecole nelle cellule e produrre quindi la ionizzazione. I campi RF possono, tuttavia, produrre diversi effetti sui sistemi biologici, come piante, animali o esseri umani. La grandezza dosimetrica fondamentale per i campi RF al di sopra di 10 GHz è l’intensità del campo, misurata come densità di potenza in watt al metro quadro (W/m2) o, nel caso di campi deboli, in milliwatt al metro quadro (mW/m2) o in microwatt al metro quadro (µW/m2).
Affinché si verifichino effetti di danno alla salute, come cataratte oculari e ustioni della pelle, per effetto dell’esposizione a campi RF al di sopra di 10 GHz, occorrono densità di potenza superiori a 1000 W/mq.
L’assorbimento di energia a campi RF da parte dei tessuti è misurato come tasso di assorbimento specifico (SAR) entro una data massa di tessuto. L’unità del SAR è il watt al chilogrammo (W/kg) . Il SAR è la grandezza dosimetrica fondamentale per i campi RF tra circa 1 MHz e 10 GHz.
Il riscaldamento indotto nei tessuti corporei può provocare varie risposte fisiologiche e risposte legate alla termoregolazione, compresa una ridotta capacità di svolgere attività mentali o fisiche quando la temperatura del corpo aumenta.
E’ ormai ampiamente dimostrato che una prolungata esposizione ad elevate concentrazioni di radon accresce il rischio di tumore polmonare. L’ Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato il radon come cancerogeno di gruppo 1, ossia come sostanza per la quale vi è evidenza accertata di cancerogenicità anche negli esseri umani, collocandolo al secondo posto come causa di tumori polmonari, dopo il fumo di tabacco. E’ importante conoscere e valutare gli effetti sanitari del radon, dal momento che esso rappresenta un rischio sanitario quando si accumula negli spazi confinati e, nel mondo di oggi, noi trascorriamo l’80 – 90% del nostro tempo in spazi chiusi
Il problema, sia per la natura geologica del nostro territorio che per l’impiego di materiali da costruzione tipici dei nostri suoli (e, in alcuni casi, ricchi di uranio, come tufo e pozzolana) tocca molto da vicino il nostro Paese. Un’ Indagine Nazionale condotta sulle abitazioni italine alla fine degli anni ‘80 ha rilevato una concentrazione media di radon indoor pari a 77 Bq/m3 e dunque approssimativamente doppia rispetto a quella mondiale (valutata in 40 Bq/m3). Questa consapevolezza ha condotto all’emanazione del Decreto Legislativo n.241/00, che tratta dell’esposizione lavorativa a sorgenti naturali di radiazioni ionizzanti, prima fra tutte il radon, ed impone agli esercenti di attività lavorative che in svolgono in sotterrano o in zone a rischio il monitoraggio, ed eventualmente il risanamento, dei luoghi in cui il personale opera. Pur se riferito esclusivamente alla tutela nei luoghi di lavoro, esso rappresenta un significativo passo in avanti sulla strada di una coscienza e di una conseguente normazione radioprotezionistica.
Dal radon è possibile difendersi in molti modi. Come sempre, il sistema migliore è la prevenzione, attuata mediante una progettazione edilizia antiradon nelle zone a rischio e mediante la scelta di materiali da costruzione a basso contenuto di radioattività. Negli edifici già esistenti è importante realizzare un’azione di monitoraggio degli ambienti e, laddove vengano riscontrate concentrazioni elevate di radon, rivolgersi a centri specializzati al fine di adottare opportune misure di mitigazione
La normativa italiana e comunitaria in materia di radiazioni ionizzanti così definisce l’esperto qualificato per la radioprotezione:
“persona che possiede le cognizioni e l’addestramento necessari sia per effettuare misurazioni, esami, verifiche o valutazioni di carattere fisico, tecnico o radiotossicologico, sia per assicurare il corretto funzionamento dei dispositivi di protezione, sia per fornire tutte le altre indicazioni e formulare provvedimenti atti a garantire la sorveglianza fisica della protezione dei lavoratori e della popolazione”.
La figura professionale dell’Esperto Qualificato per la radioprotezione è nata storicamente con la necessità di tutelare prioritariamente la salute dei lavoratori esposti agli effetti delle radiazioni ionizzanti sul luogo di lavoro e, in subordine, di gruppi ristretti della popolazione che potessero in qualche modo esserne interessati.
Oggi, con l’interesse crescente verso la protezione dagli effetti delle radiazioni ionizzanti anche di origine naturale, la figura dell’esperto qualificato acquista una maggiore importanza anche nei confronti della popolazione in genere.
Per esempio, nel caso in cui la concentrazione di Gas Radon nei locali di lavoro definiti dalla normativa superi il livello di azione di 500 Bq m3 , il datore di lavoro è tenuto a mettere in atto azioni di rimedio per portare la concentrazione sotto tale limite. Non è però obbligato a questo se dimostra, avvalendosi di un esperto qualificato, che nessun lavoratore riceve una dose superiore a 3 mSv/anno e nessuna persona del pubblico riceve una dose superiore a 1 mSv/anno.
Sorveglianza fisica della radioprotezione
La normativa di radioprotezione così definisce la sorveglianza fisica della radioprotezione:
“l’insieme dei dispositivi adottati, delle valutazioni, delle misure e degli esami effettuati, delle indicazioni fornite e dei provvedimenti formulati dall’esperto qualificato al fine di garantire la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione” nei confronti delle radiazioni ionizzanti.La sorveglianza fisica della radioprotezione, affidata all’esperto qualificato, viene istituita dal datore di lavoro ogni qualvolta l’attività esercitata generi un rischio di esposizione dei lavoratori e/o della popolazione all’azione dannosa delle radiazioni ionizzanti. Nel caso di presenza di radon nei locali di lavoro definiti dalla normativa e qualora, nonostante le azioni di rimedio adottate, la concentrazione di radon o la dose efficace al o ai lavoratori superasse i livelli d’azione, il datore di lavoro è tenuto a istituire, avvalendosi di un esperto qualificato, la sorveglianza fisica della radioprotezione per i lavoratori interessati ed eventualmente per la popolazione.